MAZE
PRIMA ASSOLUTA: FESTIVAL CITTÀ DELLE 100 SCALE 2018, POTENZA.
MAZE (labirinto) è una live performance di ombre nella quale sculture e corpi tridimensionali sono proiettati dal vivo su un grande schermo. Le fonti luminose sono usate come telecamere e creano attraverso materie effimere l'illusione di assistere a una pellicola cinematografica. Le scene di una vita si susseguono come frammenti lirici, poesie visuali che racchiudono istanti salienti.
CREDITS
Concept, creazione, performer: Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti, Giulia De Canio
Musiche originali: Posho.
Progettazione luci: Matteo Rubagotti
Produzione: UnterWasser
Con il sostegno di: Théâtre La Licorne, Festival Città delle 100 scale, CasermArcheologica, Teatro del lavoro.
PREMI
FINALISTA PREMIO INBOX 2019
"Le tre performer-animatrici, silenziose e precise, danno così vita a un film di figure, a ombre che scorrono sul fondale nella “soggettiva” della protagonista invisibile, di cui possiamo intuire il batter di ciglia, una mano, le braccia che si distendono a nuotare in un bagno in piscina che diventa un magico attraversamento di fantastici mondi sottomarini. Non ci sono limiti alla fantasia, sembrano dire le Unterwasser, né alla possibilità di sognare".
— Andrea Porcheddu, GLI STATI GENERALI
"Quest'opera magica, pervasa di tenerezza, ha il dono di rapirci, dandoci accesso al ricco materiale inconscio in cui l'anima nuota e si nutre. Apprezziamo questa fioritura, questa carezza salvifica, ancor più in una fase storica oppressa da paure e disorientamento".
— Sonia Coppoli e Chiara Guarducci, GUFETTO.PRESS
"il complesso fascino di raffinata poesia e sofisticato artigianato”.
— Valeria Ottolenghi, LA GAZZETTA DI PARMA
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"É proprio l’incantamento, l’effetto sortito sul pubblico. La luce, il movimento e la loro sapiente manipolazione delle minimalistiche sagome in fil di ferro riescono a restituirci un inspiegabile effetto realtà”.
— Francesca Romana Lino, PLATEALMENTE
"Un universo onirico traboccante di vita, anima, luce e materia in cui si resta piacevolmente sospesi, sorprendentemente rapiti dalla complessità e dalla bellezza delle cose più “semplici”.
— Francesca Ferrari, TEATROPOLI